Lo Stato olandese dovrà ridurre le proprie emissioni di almeno il 25% rispetto al 1990. Non ci sono più gradi d’appello, non ci sono più scappatoie: il 20 dicembre 2019, la Corte Suprema olandese, l’ultimo grado del sistema giudiziario del Paese, ha condannato definitivamente l’Olanda, nella causa depositata dalla Fondazione Urgenda insieme a circa 900 cittadini olandesi. Si tratta della terza sentenza con lo stesso esito, dopo le condanne da parte della Corte Distrettuale dell’Aia nel 2015 e della Corte d’Appello dell’Aia nel 2018.
La Corte Suprema ha ribadito che il rifiuto da parte del governo olandese di assumersi le proprie responsabilità per aver contribuito alla crisi climatica rappresenta una violazione della Convenzione Europea dei Diritti Umani. Secondo l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, “Il riconoscimento da parte della Corte di grado più alto dell’Olanda che i diritti umani forniscono una base legale per imporre azioni più ambiziose e rapide da parte del governo è d’importanza vitale. Questa decisione storica indica un percorso chiaro per tutte le persone – in Europa e nel mondo – preoccupate per la crisi climatica: intraprendere azioni legali per proteggere i diritti umani”.
Già dopo la prima sentenza vittoriosa del 2015, numerosi movimenti, organizzazioni e persone in varie parti del mondo, ispirati dal caso olandese, si sono mobilitati per lanciare iniziative simili. In Europa, si stanno portando avanti cause in Francia, Irlanda, Germania, Belgio, Svizzera, Francia, contro l’Unione Europea, e altre ancora. In Italia, la campagna Giudizio Universale anticipa la prima azione legale contro lo Stato italiano sui cambiamenti climatici, basata proprio anch’essa sulla tutela dei diritti umani.
Uno dei ricorrenti nel caso olandese, Damian Rau, che aveva appena dodici anni quando l’atto di citazione è stato depositato nel 2013, ha sottolineato come la decisione presa dalla Corte Suprema dimostra “che nessuno è impotente e che tutti possiamo fare la differenza”.