La crisi climatica è Colpa di stato
Mercoledì 13 settembre Giudizio Universale torna nelle aule del tribunale civile di Roma per la terza udienza del processo di primo grado che accusa lo Stato per inazione climatica. La sentenza dovrebbe arrivare tra la fine del 2023 e l’inizio del prossimo anno. Si avvicina dunque la pronuncia del giudice, chiamato a rispondere su due questioni principali: la prima riguarda la responsabilità dello Stato per inadempienza al contrasto della crisi climatica. Ci sono diritti lesi, accordi internazionali non rispettati e una mancanza di azioni che si ripercuote sulla collettività, colpendo maggiormente territori e popolazioni più vulnerabili.
Gli appuntamenti della giornata sono due:
- alle 9 di mattina un gruppo di attivistə e cittadinə si ritroveranno davanti alla metro Colosseo per attuare una performance artistica volta a sensibilizzare cittadinə e turistə di Roma agli effetti della crisi climatica, chiedendo partecipazione e appoggio alla causa.
- Alle 18 ci riuniremo al Csa Brancaleone per condividere l’importanza dei contenziosi climatici in un’assemblea pubblica, un’opportunità per dialogare con i movimenti che lottano per la giustizia climatica.
I contenziosi climatici e le azioni dell’attivismo.
Il racconto della prima causa contro lo Stato italiano.
Evento: 13 settembre ore 18 al Csa Brancaleone
Intervengono:
- Lucie Greyl, A Sud
- Luca Saltalamacchia, legale della causa Giudizio Universale
- Jessi Kume, Possibile
- Dario Cevoli, Scientis Ribellion
Il 13 settembre l’avvocatura dello Stato dovrà difendersi nelle aule del Tribunale civile di Roma per inadempienza climatica. A trascinare l’Italia davanti a un giudice è Giudizio Universale, una campagna promossa da A Sud e da numerosi comitati e movimenti ecologisti, insieme a più 200 ricorrenti; cittadine e cittadini che in varie parti d’Italia lottano contro la crisi climatica e difendono i territori dalle devastazioni ambientali.
Si tratta del primo contenzioso climatico avviato nel nostro Paese. Lo Stato italiano viene citato in giudizio per la sua condotta: non essere riuscito a mitigare il cambiamento climatico, esponendo così la popolazione a rischi ambientali, sanitari e sociali. Giunto alla sua terza udienza, il processo civile contro lo Stato si basa sulle evidenze scientifiche, sui report dell’IPCC e sugli accordi internazionali sul clima, tra cui UNFCCC – Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici del 1992 e l’Accordo di Parigi del 2015.
La richiesta formulata dall’azione riguarda la condanna dello Stato a realizzare un drastico abbattimento delle emissioni di gas serra per il 2030, in modo da centrare l’obiettivo dell’Accordo di Parigi sul clima, in ordine al contenimento massimo del riscaldamento globale entro 1,5°C.
La causa legale non ha un valore simbolico, ma mira a ottenere un radicale cambiamento nelle politiche climatiche dello Stato. Ma a che punto è questo processo? Quali precedenti crea un contenzioso climatico?
Dopo l’udienza in tribunale, le promotrici e i promotori di Giudizio Universale racconteranno l’importanza dei contenziosi climatici in un’assemblea pubblica al Brancaleone, dialogando con i movimenti che lottano per la giustizia climatica.
Ci vediamo al Brancaleone alle ore 18
Facciamo causa, invertiamo il processo!